mercoledì 25 febbraio 2015

Siamo tutti Zimbardo

"Solo poche persone sono in grado di resistere alle tentazioni fornite dal potere e dal dominio su altri soggetti. Io stesso scoprii di non far parte di questa ristretta schiera" ( Philip Zimbardo, "The Lucifer Effect" ).

Cara Amica, torniamo senz' altro a riflettere sul nostro esperimento di Stanford descritto nella precedente lettera, affrontando un aspetto desueto e perlopiù ignorato dai vari analisti: ossia sulla figura di Zimbardo. Se infatti le analisi si sprecano per quanto riguarda le "cavie", la parte viva, quella che in tale micro-società potremmo chiamare la "massa" o la base sociale, ben poche parole si spendono su un aspetto altrettanto interessante dell' esperimento, ossia la trasformazione che coinvolge lo stesso Zimbardo, vale a dire il "vertice", l' ideatore e controllore dello stesso micro-sistema. Come abbiamo visto nemmeno lui, che dovrebbe costituire la variabile indipendente, è immune dalla logica schiacciante di tale meccanismo, finendo per esserne pienamente coinvolto e per reagire anch' egli completamente ipnotizzato dalla finzione da lui stesso creata, anzichè secondo una visione che al suo livello avrebbe dovuto mantenersi lucida e dotata di superiore distacco. Così, pur comprendendo che l' esperimento dopo soli pochi giorni è sfuggito al controllo, non ha nessuna intenzione di porvi termine, ed ubriaco del suo stesso gioco cerca di reprimere un tentativo di fuga da quella che è pur sempre una situazione fittizia facendo ricorso alle forze dell' ordine. Zimbardo finisce così per abdicare dal suo ruolo di scienziato e supervisore, abdica dalla sua "essenza" e, scambiando anch' egli la finzione per realtà, si immedesima completamente nel "ruolo", reagendo in modo inappropriato quando avrebbe potuto semplicemente interrompere la prova, accettando di fatto ogni risultato come avrebbe imposto un atteggiamento puramente scientifico.


Anch' egli, vertice della Piramide, rimane vittima proprio di quel frattale piramidale già visto nella nostra prima lettera, di una dinamica che finisce col coinvolgere e travolgere tutte le parti in gioco. E non si tratta nemmeno della solita, pura e semplice dinamica del "divide et impera" che ormai siamo ben allenati a veder applicata in ogni ambito sociale: Zimbardo qui non è mosso da ambizioni di potere, non è mosso da interessi di lucro, non è in posizione tale da subire ricatto o corruzione. Ha pieno potere e controllo sull' esperimento, non è sottoposto alla pressione di terzi, è animato da buone intenzioni e puro spirito di ricerca, eppure fallisce tragicamente il suo compito. Il che ci porta a dover fare ulteriori e più profonde considerazioni sul potere stesso, su come anche un ipotetico "buon governo", o perlomeno che si ponga tale nelle intenzioni, possa eludere gli intenti iniziali. Si tratta di fare ulteriori considerazioni sugli assunti di "base" e di "vertice", di "intenzioni" e di "metodo", di "idea" e di "forma", di potere dal basso o dall' alto. In quanto l' esperimento ci dice che anche un' Autorità di per sè "neutra" e animata dalle migliori intenzioni finisce con lo snaturarsi in uno schema malsano.

COSA SUCCEDE A ZIMBARDO ?
Il primo aspetto veramente interessante sarebbe dunque quello di capire veramente cosa cavolo succede a Zimbardo, che si trova in una posizione superiore e ben diversa da quella di costrizione e mortificazione alla quale sono sottoposti gli altri attori dell' esperimento. Nella piramide carceraria i prigionieri devono rispondere alle guardie, le quali devono rispondere al loro "dovere" ed ai supposti superiori. Ma a chi deve rispondere lo scienziato ? Non è forse egli rimasto nell' invidiabile stato di uomo libero che non deve rendere conto a nessun superiore ? E non è forse animato da puro spirito di distaccata osservazione ? Perchè dunque finisce con lo "sbroccare" anch' egli ?
Ad una prima osservazione si potrebbe dire che ci sia una sorta di nemesi operante, per cui lo stesso espediente della depersonificazione applicato nei confronti delle cavie finisce col ritorcersi contro lui stesso: Zimbardo cade vittima del suo stesso espediente, alla fine si dimentica chi "è" ed agisce identificandosi col suo ruolo fittizio piuttosto che con la sua vera essenza. La maledizione del sistema piramidale, potremmo anche dire.
Dove anche Zimbardo risponde ad un' "autorità", pur se si tratta di un' autorità puramente interna, un "Super Io" introiettato dove a comandare è un malinteso senso di dedizione al dovere "costi quel che costi", o la minaccia di perdita di prestigio accademico e sociale in caso di interruzione dell' esperimento, o ancora un senso di intima impotenza non potendo rispettare il progetto di partenza. Anche Zimbardo è dunque assai ricattabile ... da Zimbardo stesso: ne va dell' idea del suo "ruolo" nella società, del rispetto del suo prestigio accademico, ecc. E se non fosse per il provvidenziale intervento esterno di una collega che lo fa rinsavire, egli rimarrebbe completamente vittima della sua "non autenticità".

SIAMO TUTTI ZIMBARDO
Il che ci porta dritti dritti al problema dell' Autorità: da dove dovrebbe scaturire in una società ideale, quali i possibili sistemi di controllo a cui dovrebbe sottoporsi ? E soprattutto, come controllare il "padrone interiore" di ogni singolo nucleo di autorità della nostra ipotetica nuova struttura ?
Il problema diventa poi gigantesco se pensiamo che noi tutti, anche nel nostro infinitesimamente piccolo, anche se posizionati al punto più basso della piramide, rivestiamo un qualche ruolo autoritario sul nostro prossimo, ruolo che diventa determinante per l' intera struttura sociale: basti pensare a quello importantissimo di genitori e la relativa autorità esercitata nell' educazione dei figli; a quello di mariti e mogli; di educatori e insegnanti; di colleghi di lavoro e del comportamento coi sottoposti; di padroni di un' impresa; di burocrati o addetti all' amministrazione; di semplici proprietari di un cane o di un gatto. In tutti questi casi esercitiamo un' autorità, l' intera piramide sociale è tenuta insieme dall' esercizio di svariate autorità a vari livelli di importanza e competenza, un' autorità, qualunque sia, del cui ruolo ci sentiamo investiti sopra ogni altra cosa. E qui sta il problema.
Perchè il collante della Piramide, come abbiamo già visto e come ancora ci dimostra l' esperimento di Stanford, è il "Conformismo da Automi", la "non autenticità", il senso vissuto di "dover essere" invece del semplicemente essere, quel dimenticarsi della propria parte più autentica ( essenza, anima che dir si voglia ) che alla fine spinge le guardie a trasformarsi in aguzzini, i prigionieri a tentare la rivolta, Zimbardo a chiamare la polizia. Quel dimenticarsi della propria parte più autentica, in nome di un presunto dovere, che alla fine porta il generale a spingere il pulsante che lancia il missile, e il soldato semplice a tirare il grilletto del fucile.   
In un sistema che pone i suoi fondamentali fuori dell' uomo ( vuoi in una speciosa ideologia economica come oggi avviene, vuoi in una speciosa ideologia patriottica, politica, religiosa che serva a fomentare divisioni e conflitti ) è del tutto INEVITABILE che sia così; è del tutto inevitabile che il "dover essere" si sostituisca all' "essere" tout-court, è del tutto inevitabile che anche le migliori intenzioni come l' amore per i propri simili e la propria terra siano trasformate in ideologie asservite ad altro di assai poco positivo.
Come già detto parlando di moneta, questo è un sistema che alla fine danneggia tutti, non solo sul piano del benessere materiale, ma anche su quello del benessere psicologico e spirituale. Tutti, anche i più alti vertici. Tornando all' esempio del pastore e del gregge, poco alla volta i pastori saranno sempre più in pericolo di rivolte popolari o di conflitti tra di essi, spinti dalla bramosia di avere sempre di più e di non farsi sopraffare dal pastore vicino. L' escatologia naturale di questa situazione è il mondo Orwelliano con un unico Grande Fratello al comando. Ossia l' Autoritarismo più assoluto.
Ma anche adesso siamo già tutti psicologicamente castrati, infelici prigionieri, anche gli stessi vertici: lo scienziato Zimbardo diventa anch' egli parte della prigione che ha costruito, finendo col vivere da prigioniero di una struttura e di un' ideologia fittizie anzichè vivere da uomo libero "Philip Zimbardo" quale in realtà è.    

RETE E NODI
Se fin dalle prime lettere abbiamo ravvisato in una struttura a rete di solidarietà condivisa la possibile alternativa all' attuale schema piramidale, ci vediamo ora costretti a porgerci il problema di quale autorità, quale potere andrà a costituire i nodi della rete, e come distribuirlo e controllarlo. Problema enorme che affronteremo più avanti, limitandoci qui a poche semplici osservazioni. La prima è che una rete sociale che ponga l' uomo al centro favorirà il formarsi di un diverso Immaginario Collettivo per cui anche l' idea di Autorità che ne scaturirà sarà diversa: più autentica, più basata sull' idea di "essere" che non di dover aderire a modelli imposti. Questo a tutti i livelli, con enorme beneficio della società in toto. La seconda è che i nodi della rete automaticamente si autocontrollerebbero per loro stessa struttura: e se un nodo si corrompe non può comunque fare tanto danno quanto se si corrompe uno dei tanti vertici del frattale a piramide. Gli incarichi andranno comunque assegnati non solo in base alla semplice "competenza", ma a "persone con un' anima", non disposte a barattarla in cambio di favori o benefici. Persone più orientate alla modalità dell' Essere che a quella dell' Avere.
Terza condizione è che la trasformazione del tessuto sociale dovrà gradatamente avvenire sia dal basso che dall' alto: inutile rendere consapevole la base di una piramide se poi non detiene nessun potere per poter attuare alcun cambiamento, come inutile l' operazione opposta, dove un' autorità sia pur illuminata ed animata delle migliori intenzioni si troverebbe nella migliore delle ipotesi a governare una popolazione di baluba, nella peggiore a fare come Zimbardo. Le due direzioni, "elitaria" e "popolare", andranno quindi conseguite parallelamente e di pari passo.

Alla prossima, tuo Patrick Troll.