venerdì 1 maggio 2015

Quale Autorità ? Quale Conoscenza ?

"Perchè è venuto ormai il momento di negare
tutto ciò che è falsità, 
le fedi fatte di abitudine e paura, 
una politica che è solo far carriera,
il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, 
l' ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto"
   ( Guccini, "Dio è morto" )

"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza"
   ( Dante, Inferno XXVI ) 

A questo punto ci troviamo per l' ennesima volta a brancolare nel buio: ad un' attenta analisi vediamo che nessun potere istituito, nesunna ideologia o credo istituito, nessuna autorità costituita ce la racconta giusta, nessuno ce la racconta tutta, nessuno ce la racconta pulita. Ovunque volgiamo lo sguardo troviamo sempre lo stesso clichet per cui a frammenti di verità vengono aggiunti chili o quintali di ideologia di comodo, che sostanzialmente serve a due scopi:
1)  al fine di cementare, fortificare e perpetuare la struttura organizzativa stessa
2)  al fine di creare dei "binari interni", una guida che venga interiorizzata dalla persona in modo che sia portata ad orientarsi autonomamente verso i dettami sociali. Senza tale orientamento interno, nessuna autorità esteriore potrebbe nulla.
E' il fenomeno che abbiamo chiamato come "massificazione" dell' individuo, l' istituirsi di quell' Inconscio Collettivo che lo guiderà, più o meno consapevolmente, ad orientarsi nella collettività secondo i dettami del modello sociale in uso. All' autorità esterna si aggiunge così un' autorità interiorizzata che più o meno ricalca la stessa tendenza, la stessa volontà di quella esteriorizzata. E' quello che Fromm chiama un "autoritarismo moderno", il cui volto, pur vestendosi da istituzioni democratiche, è sempre essenzialmente quello autoritario per cui si tende a delegare e riporre fuori di noi, in una qualche autorità costituita, la nostra vera guida.


COME UN' ORCHESTRA
Ora tale situazione, nella migliore delle ipotesi, è paragonabile a quella di un' orchestra sinfonica: in un' orchestra classica gli strumentisti sono meri "esecutori" di uno spartito scritto, la cui corretta interpretazione, le sfumature di tono, gli esatti volumi di suono vengono stabiliti e dettati da un direttore d' orchestra. Gli strumentisti dal canto loro, per poter suonare in orchestra, hanno introiettato tutta una serie di "valori": capacità tecnica, padronanza dello strumento, senso del tempo e disciplina d' orchestra. Senza queste valenze introiettate, sarebbe inutile qualsiasi esteriore direzione d' orchestra. Eppure, anche in questo esempio idilliaco di rispetto dell' Autorità esterna ed interna, vediamo qualcosa che non va: i cosiddetti "musicisti" in realtà NON CREANO, non mettono niente di veramente loro, ma sono solo perfetti strumenti depersonalizzati atti a riprodurre al meglio la partitura già scritta. Questo è un po' il tipo di società cui, nella MIGLIORE delle ipotesi, ci condurrebbe una globalizzazione quale oggi vediamo in atto. Anche ripulendola al massimo della bestialità con cui attualmente si esplica, quello dell' esempio fatto sarebbe la sua migliore e più alta applicazione.
Applicazione che non può star bene alla nostra Utopia: noi vogliamo al contrario la massima espressione dell' individuo, la ricerca ed espressione delle sue migliori potenzialità creative, pur senza per questo degenerare nel caos, anzi mantenendo non solo lo stesso ordine dell' orchestra classica, ma un ordine creativo, che possa esprimere al meglio le potenzialità dell' individuo, anzichè mortificarle. Sembra impossibile ?
L' esempio che meglio descrive tale situazione è quello di un' orchestra di jazz, contrapposto all' orchestra sinfonica. Nell' orchestra di jazz il musicista è veramente tale in quanto non solo ha introiettato ogni "valore" che lo porta ad andare d'accordo con gli altri, ma è libero di improvvisare, ossia di creare sullo schema armonico nuove linee melodiche pur rispettando pienamente la comune armonia di base. Questo perchè egli ha completamente introiettato "lo schema" da non aver più bisogno di seguire uno spartito esterno, e nemmeno di un direttore che gli dica come interpretarlo: egli è PIENAMENTE LIBERO, pur nel contesto armonico condiviso, di esprimere al massimo grado la sua individualità e creatività di vero musicista, e non di mero esecutore. Questo ci porta ad affermare che il pieno conseguimento della nostrta parte più vera, condotto con lo stesso rigore e disciplina che oggi mettiamo per eseguire uno spartito, dovrebbe portare ad una situazione sociale analoga a quella dell' orchestra di jazz. Ed altro non è che l' ideale dell' anarchia, intesa come massima organizzazione (e non caos) pur nella massima libertà individuale. Uno schema sociale dove l' Autorità Razionale sia a tal punto introiettata da non aver bisogno di una guida esterna, in quanto essa diventa GUIDA INVISIBILE, che coincide con la stessa struttura ( armonica / sociale ) comunemente introiettata da tutti i musicisti componenti l' orchestra / società.

AUTORITA' RAZIONALE vs. AUTORITA' IRRAZIONALE
Certo, per far questo occorreranno applicazione e disciplina, ma non più di quanta ne mettiamo oggi per essere schiavi fedeli di una qualche autorità esterna ed irrazionale, che intende condurci alla totale depersonificaziopne come individui. Per apparente paradosso, l' utopia anarchica della massima libertà andrà conseguita proprio attraverso la massima autodisciplina e l' accettazione iniziale di un' Autorità Razionale che andrà via-via affievolendosi parallelamente al nostro grado di evoluzione, alla nostra capacità di "stare in orchestra".
Distinguiamo quindi un' autorità irrazionale da una razionale proprio dai suoi fini: mentre la prima si propone di mantenere le distanze tra sè e i sudditi, e trasformare gli stessi in una "massa" depersonificata impaurita e controllabile, la seconda si propone di assimilare a sè l' allievo, farlo crescere diminuendo la distanza esistente tra i due soggetti, e conseguire la sua massima realizzazione e sviluppo delle migliori capacità soggettive e creative, fino a renderlo pienamente "individuo", pienamente "musicista" in grado di inserirsi nell' orchestra apportando tutto il suo contributo creativo, la sua libera espressione, la sua individualità di strumentista.

IL BUON MAESTRO
Il fatto che tutto ciò che è "rivelato" sia così confuso alla fin fine forse ci fa gioco, in quanto ci induce automaticamente a mettere all' opera il nostro senso critico, a distaccarci da tutto ciò e metterci in ricerca continua di una più genuina verità. Giunti a questo punto siamo a tutti gli effetti usciti dalla "massa", abbiamo raggiunto a tutti gli effetti la dignità di individui, anche se ancora grezzi, non ancora in grado di stare in orchestra, e che necessitano di un processo di affinamento e perfezionamento delle capacità interpretative per poter ben individuare ed interiorizzare lo spartito, la struttura armonica che costituirà al tempo stesso il veicolo sia della nostra massima espressione che lo schema in comune con gli altri musicisti. Ora che abbiamo intuito le nostre piene potenzialità di veri musicisti, e la possibilità di costituire e far parte di una struttura sociale avente le stesse caratteristiche dell' orchestra di jazz, aneliamo ad una diversa Autorità, una più autentica guida che sia in grado di far maturare al massimo grado tali possibilità, e farcele pienamente introiettare. A nulla servirà un "qualsiasi maestro" che ci fornisca delle risposte pronte e preconfezionate, che ci inculchi gli indottrinamenti necessari a farci eseguire alla perfezione uno spartito; non è questo che ora ci interessa, quanto un "vero maestro" che sappia ESTRARRE da noi il meglio, il nostro vero potenziale, una guida che ci aiuti a prenderne coscienza ed applicarlo al miglior grado di perfezione da noi raggiungibile. Un maestro che svegli in noi tali capacità, invece di sopirle, che ci metta in contatto col vero musicista che è in noi ponendoci delle prove e delle domande, più che fornirci delle risposte di comodo. Perchè se è relativamente facile insegnarci ad eseguire uno spartito, molto più complesso e difficile è insegnare ad improvvisare, a "creare" a nostra volta, ad esprimere pienamente noi stessi sull' armonia data. Ed in tale processo sarà di fondamentale importanza l' esercizio dell' esperienza pratica, più che l' interiorizzazione di inutili dogmi; sarà importante l' imitazione altrui ma solo se ci condurrà al conseguimento e personalizzazione di quello che costituirà il nostro più genuino "stile", a far in modo che ad esprimersi attraverso lo schema sia la nostra parte più autentica, a portarci infine a riuscire a "suonare con l' anima". Quando saremo in grado di fare ciò saremo veri musicisti, in grado di stare in orchestra senza annullare la nostra personalità, ma anzi contribuendo ad arricchire l' organico di tutta la nostra capacità, creatività, maturata esperienza e perfezionata individualità.
La figura del vero maestro va di pari passo con l' Autorità Razionale ed ideale che desideriamo per la nostra utopia; autorità di cui possiamo ora individuare e tracciare i principi e le linee generali, proprio in conformità e coerenza con il punto d' arrivo, il risultato a cui essa deve tendere. Un primo principio sarà proprio il buon esempio: non potrà insegnarci a divenire musicisti una persona che tale non sia, e che non sappia darcene prova col suo esempio pratico e vissuto. E se sarà qualitativamente molto superiore a noi, la sua cura dovrà essere proprio quella di colmare tale dislivello, rendendoci a lui simili: la vera autorità quindi tende ad annullarsi come tale, a diminuire progressivamente la sua funzione di guida esteriore, assimilandoci a lei. In fondo dovrà possedere le caratteristiche di un buon genitore: farci crescere, senza per questo impedire lo sviluppo di una nostra genuina personalità. Il far crescere implica la capacità di prendersi amorevolmente cura dell' oggetto delle sue attenzioni ... ohibò, cara Amica, non sembra anche a te che stiamo semplicemente descrivendo le qualità dell' amore ? In una frase potremmo quindi riassumere il tutto dicendo che LA VERA AUTORITA' E' AMORE.
E l' amore si insegna solo esercitandolo, solo "facendolo nascere" nell' allievo con l' esempio, solo amando ed alimentando nel potenziale musicista il suo desiderio ad esprimersi. In una parola adottando il metodo che Socrate indicava col nome di "maieutica" (arte di far nascere) tipico della levatrice, e contrapposto alla "retorica" tipica dei Sofisti che dovevano invece "convincere" di una tesi, imponendo le proprie vedute. 

AMORE E PSICHE
Ma tutto questo ancora non basta: compito di un buon maestro, come quello di ogni buon genitore, sarà quello di renderci simili al suo esempio senza peraltro condurre al nostro annullamento personale, ma anzi di renderci pienamente "individui", pienamente veri musicisti e non semplici imitatori, capaci di apportare all' organico orchestra / società tutto il nostro potenziale di genuina creatività così portato alla luce e perfezionato. L' Autorità Razionale, il buon maestro deve essere capace di sviluppare il nostro senso critico, il nostro autonomo giudizio, la nostra capacità di giudicare se una determinata idea melodica sarà più o meno atta ad inserirsi proficuamente sulla struttura armonica. E' QUESTA la vera autorità che, una volta introiettata, farà in modo che l' orchestra di jazz non abbisogni di un direttore: il musicista a questo punto saprà discernere autonomamente se una determinata "frase" sia adeguata o meno al contesto del brano, se un determinato passaggio andrà suonato con forza o solo sussurrato. Sarà inoltre in grado di essere innovativo e rivoluzionario nel suo intervento senza per questo uscire grossolanamente, sbagliando, dallo schema armonico; il jazz in fondo altro non è che questo: estendere e sviluppare al maggior grado di creatività possibile quanto già intrinseco nell' armonia di base, senza per questo trascenderla.
Il buon maestro quindi dovrà essere in grado di fornire e far nascere nell' allievo anche la personale capacità di discernimento, che va di pari passo con la sua aumentata conoscenza e consapevolezza della struttura armonica. Si tratterà quindi di sviluppare e rendere autonomo anche un processo cognitivo, un senso critico, un "gusto per la giusta misura" da applicare ogni qual volta cambierà la canzone, il contesto su cui suonare. Si tratterà di sviluppare anche la conoscenza in modo tale che il potenziale musicista sia in grado di esprimersi non solo correttamente, ma sappia farlo autonomamente, per propria capacità e giudizio personale.
Ecco che il processo di una VERA INDIVIDUAZIONE dovrà avvalersi dell' apporto di AMORE + PSICHE, ovvero sia di un processo di amorosa cura che di quello di consentire una progressiva maggior conoscenza e presa di coscienza. Conoscenza che dovrà essere "stimolata e fatta scoprire" tramite la viva esperienza, e non certo indotta per dogmi, pena il mancato conseguimento del processo di individuazione stesso, dell' autonomia discernitiva, della piena e personale potenzialità espressiva e creativa. Entrambi, sia il maestro che l' allievo, avranno necessariamente "fede" in questo processo in fieri: una fede razionale, non assolutamente cieca, in quello che stanno facendo e sul fatto che esso si stia basando sui giusti presupposti, sul progressivo conseguimento del comune, desiderato e voluto punto d' arrivo.
E l' allievo sarà sempre più musicista man mano che vedrà la sua fede concretizzarsi, e pienamente musicista quando alla sua "penetrazione" della musica, e dello schema armonico, concorrerranno in modo perfetto sia la sua intelligente interpretazione effettuata tramite la mente, che il desiderio di un' autentica, genuina, individuale espressione di sè suggerito dal cuore. Ancora una volta il concorso di mente e cuore, maschile e femminile, Amore e Psiche.
Solo allora il musicista sarà in grado di esprimersi davvero con l' anima.                  

Alla prossima, tuo Patrick Troll